Per le strade dell’India – Varanasi

Conoscere l'India ,

22/08/2025

Per le strade dell’India – Varanasi

Lo stato del Gujarat, situato nella parte nord occidentale dell'India, è una terra ricca di storia con cultura, tradizione e patrimonio.

Il mio amore per l’India, la sua gente e le sue tradizioni, dura da oltre venti anni, durante i quali ho visitato per sei volte questo splendido paese. E’ considerato un subcontinente per la sua estensione e perché grazie al suo isolamento geografico ha sviluppato una cultura unica nel resto del mondo.

L’India è il paese dei contrasti.

E’ il paese della ricchezza: Goldman Sachs ha previsto che diventerà la seconda economia mondiale entro il 2075; le città ospitano hotel di lusso e centri commerciali moderni, puliti e spesso tecnologicamente all’avanguardia. Ma è soprattutto il paese della povertà, con la gente che vive e muore per le strade, senza acqua potabile e senza un minimo di livello igienico.

L’India è il paese del rumore. Quello ininterrotto dei clacson che gli indiani suonano praticamente sempre per le strade ad ogni curva, bivio, incrocio, senza un motivo preciso ma solo incontrando altre auto, tuk tuk, risciò, biciclette o semplici pedoni, in un crescendo estenuante di inquinamento acustico che fa sembrare le strade pur trafficate e caotiche di Roma, dove vivo, un paradiso di ordine e tranquillità. Ma è anche il paese del silenzio dei templi indù (ma anche sikh, buddisti, e moschee) dove il solo suono di una campana annuncia l’ingresso del fedele. Il silenzio che trasmette un messaggio di spiritualità e devozione religiosa, l’umanità di un popolo che vive il valore delle cose materiali spesso in modo assai diverso da come lo intendiamo noi occidentali.

Non esiste altro posto al mondo che possa rispecchiare in maniera così fedele tutte le sfumature dell’animo umano.

Per il mio ultimo viaggio a novembre 2023 ho scelto un itinerario nell’Uttar Pradesh che comprendesse, oltre Varanasi, luoghi non turistici come Chitrakoot, Vindhyachal e Ayodhya (quest’ultima nei giorni della festa di Diwali) per avere una visione di quello che resta dell’India tradizionale. Il suo fascino ai miei occhi di viaggiatore e appassionato di fotografia sta proprio nel vivere la realtà di questo paese e nella sfida di catturare la sua bellezza e la sua unicità, camminando tra la folla in cerca di volti e persone intente a parlare, lavorare, pregare. Non ho mai visto un gesto di rabbia o d’intolleranza, solo tanta gentilezza e disponibilità che credo di aver ricambiato.

La mia base è stata per molti giorni Varanasi. Kashi, Benares, Varanasi, così è stata rinominata nel corso della sua storia millenaria la città santa sulle sponde del Gange. Qui, da millenni, le pire bruciano i corpi dei fedeli induisti per liberarli dal ciclo delle rinascite e i pellegrini si immergono nel fiume sacro per purificare le loro anime. Sempre qui sulle sponde del Gange, all’alba e al tramonto, si celebra la cerimonia del Ganga Aarti: su un palco i sacerdoti induisti vestiti con abiti color zafferano compiono movimenti precisi, tutti in perfetta coordinazione, usando lampade con oli sacri, mentre il luogo viene profumato con incenso di legno di sandalo. La cerimonia è dedicata alla madre Ganga ed i giovani pandit si muovono lentamente, con movimenti circolari, porgendo la lampada verso la divinità per sette volte per poi rivolgersi ai fedeli con lo stesso modo e poi ritornare verso la divinità. Al termine una lucerna viene fatta girare tra la folla, ed i credenti passano le mani a coppa capovolta sul fuoco, portando verso la fronte la sua forza purificatrice.

A Varanasi bisogna perdersi negli stretti vicoli della città vecchia. Qui è difficile camminare perché sono percorsi a tutte le ore dai cortei funebri che trasportano le salme ai ghat sul Gange con le pire (e che bisogna scansare velocemente per non intralciare i riti della cremazione), da una moltitudine di gente indaffarata, da una miriade di motorini guidati in modo spericolato e dalle mucche, più lente e meno pericolose ma così tante e i vicoli così stretti che quando le incontri devi indietreggiare e farle passare. Tutta la città vecchia e disseminata di piccoli templi ed altari dove a sera si svolgono le cerimonie, ci si arriva attirati dai suoni di tamburi e trombe e dalla recitazione dei mantra da parte dei bramini e dei fedeli.

Vindhyachal e Chitrakoot sono fuori dagli itinerari turistici, ma sono importanti luoghi di pellegrinaggio indù, una miscela perfetta di rilevanza religiosa, storica, culturale e archeologica. Mi sono spostato usando spesso i treni indiani, un’esperienza particolare e necessaria per calarsi nella realtà indiana, che inizia dalle lunghe ore di attesa in stazione prima della partenza e prosegue con la lentezza del viaggio, le innumerevoli soste, la condivisione dei propri posti con gli altri passeggeri. Gli scompartimenti dovrebbero contenere sei persone ma spesso sono più del doppio e come dire di no ad una povera madre con un bimbo in braccio o ad un anziano?

Ed infine Ayodhya. È difficile sfuggire alla presa della spiritualità nella santa e antica città di Ayodhya. È il luogo di nascita del dio Rama, dove il suono delle campane dei templi echeggia nell’aria e accoglie ogni anno milioni di pellegrini indù. Passeggiare per i suoi vicoli è come entrare nell’epico mondo del Ramayana. Ma con l’arrivo di Diwali, la Festa delle Luci che celebra il ritorno di Rama nella sua città natale dopo un esilio di 14 anni, i templi risuonano di grandi celebrazioni. L’intera città è illuminata dal bagliore di migliaia di diya e lampade che la gente espone per le strade e nelle case. Ogni famiglia festeggia secondo le proprie disponibilità, alle più povere bastano poche candele. Ma tutte sono felici di invitare lo straniero ad entrare per un momento e bere tè o acqua e mangiare i tipici dolci di Diwali.

L’India è un paese che crea una sorta di dipendenza in modo che, dopo un po’ che non ci vai, senti l’esigenza di tornarci, e quando stai per partire alla fine di un viaggio sai che quello non sarà l’ultimo.

 

Alessandro Raschilla